Public art: a term that evokes very different experiences, from political operations to more playful ones, projects of ephemeral transformation of places and landscapes, participatory actions, small daily gestures brought to the open, forms of active exploration of the territories. But what was the Italian way to this artistic practice? The artists have followed many paths, reinventing the relationship with space and with the public within the urban dimension. Alessandra Pioselli chooses as a starting point 1968, with her peculiar critical and expressive baggage, and places it in the background of Italian political and economic events. The artists come out into the city, contest, ironically, fall into the social and become the voice of a chal- lenging collective energy. From the themes of the struggle for the home and for work comes a mapping made up of perhaps peripheral but crucial places, of militant actions and of “other” reinterpretations of the concept of cultural good. During the seventies, then, the role of animators such as Enrico Crispolti, Riccardo Dalisi, Ugo La Pietra and others counterpointed that of groups such as the Autonomous Collective of Porta Ticinese or the Militant Communication Laboratory in Milan, which declined in key non-authorial the theme of protest and militancy: the environmental sculpture spreads with a renewed civic function…

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Arte pubblica: termine che evoca esperienze molto diverse fra loro, dalle operazioni politiche ad altre più ludiche, progetti di trasformazione effimera di luoghi e paesaggi, azioni partecipative, piccoli gesti quotidiani portati all’aperto, forme di esplorazione attiva dei territori. Ma qual è stata la via italiana a questa pratica artistica? Gli artisti hanno seguito molteplici strade, reinventando il rapporto con lo spazio e con il pubblico all’interno della dimensione urbana. Alessandra Pioselli sceglie come punto di partenza il 1968, con il suo peculiare bagaglio critico ed espressivo, e lo colloca sullo sfondo delle vicende politiche ed economiche italiane. Gli artisti escono nella città, contestano, ironizzano, si calano nel sociale e si fanno voce di un’incalzante energia collettiva. Dai temi della lotta per la casa e per il lavoro discende una mappatura fatta di luoghi forse periferici ma nevralgici, di azioni militanti e di riletture “altre” del concetto di bene culturale. Lungo gli anni settanta, poi, il ruolo di animatori quali Enrico Crispolti, Riccardo Dalisi, Ugo La Pietra e altri fa da contrappunto a quello di gruppi come il Collettivo Autonomo di Porta Ticinese o il Laboratorio di Comunicazione Militante a Milano, che declinano in chiave non autoriale il tema della protesta e della militanza: la scultura ambientale si diffonde con una rinnovata funzione civica.